Bonus rientro docenti in Italia: l’aspettativa non incide

Il professore di una università italiana, che ha insegnato all’estero fruendo di un periodo di aspettativa non retribuita, può accedere nel momento in cui rientra e riprende la sua attività in Italia e in presenza degli altri requisiti richiesti, al regime agevolativo di cui all’art. 44, D.L. n. 78/2010, conv. con modif. in L. n. 122/2010, previsto per incentivare il trasferimento in Italia di docenti e ricercatori non residenti, e può farlo anche se nel passato ha già beneficiato dello stesso trattamento di favore (Agenzia Entrate – risposta 29 aprile 2022, n. 239).

L’agevolazione prevista dal D.L. n. 78/2010, consistente in una tassazione Irpef agevolata, risponde alla duplice esigenza di porre rimedio al c.d. fenomeno della ” fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico dell’Italia.
In tal senso, l’agevolazione non si rivolge soltanto ai cittadini italiani o europei emigrati che intendano far ritorno in Italia ma interessa, in linea generale, tutti i residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali per le loro particolari conoscenze possono favorire lo sviluppo della ricerca e la diffusione del sapere in Italia, trasferendovi il know how acquisito attraverso l’attività svolta all’estero.
Per quanto concerne i requisiti soggettivi, i docenti e ricercatori possono beneficiare della tassazione agevolata al verificarsi delle seguenti condizioni:
– essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
– essere stati non occasionalmente residenti all’estero;
– aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno 2 anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università;
– svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia;
– acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

Condizione necessaria per l’applicazione dell’agevolazione, tra le altre, è che il ricercatore acquisisca e mantenga la residenza in Italia.
Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
In un precedente documento di prassi, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che per integrare il requisito della attività all’estero, la norma richiede che essa sia stata svolta presso una università o un centro di ricerca, pubblico o privato.
La stessa norma, però, per quanto riguarda l’attività da svolgere in Italia non dispone nulla in merito ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti dei docenti e ricercatori. Si deve, pertanto, ritenere che non assuma rilievo la natura del datore di lavoro o del soggetto committente, che, per l’attività di ricerca, può essere una università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato o una impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca.
Con riferimento al caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha avuto già modo di chiarire che un docente universitario trasferitosi all’estero ed iscritto all’AIRE per lo svolgimento dell’attività di ricerca e di didattica a seguito di collocamento in aspettativa senza assegni, può una volta rientrato in Italia, acquisendovi la residenza fiscale, avvalersi delle agevolazioni, sussistendo le altre condizioni richieste.
Pertanto, il docente presso un’Università in Italia, che ha svolto all’estero l’attività di docenza e/o ricerca avvalendosi di aspettativa non retribuita può avvalersi della tassazione Irpef agevolata, a partire dall’anno di imposta di rientro in Italia.

Bonus edilizi: dal 9 al 13 maggio le correzioni per comunicazioni opzioni

Le comunicazioni delle opzioni per i bonus edilizi (sconto in fattura o cessione) relative alle spese del 2021 e alle rate residue delle spese 2020 trasmesse dal 1° al 29 aprile, scartate o contenenti errori, potranno essere inviate nuovamente o corrette dal 9 al 13 maggio 2022 (Agenzia delle Entrate – Risoluzione 05 maggio 2022, n. 21/E).

In particolare, dal 9 al 13 maggio 2022 sarà possibile:
– inviare comunicazioni sostitutive e annullamenti di comunicazioni trasmesse e accolte dal 1° al 29 aprile 2022, per le rate residue delle spese del 2020 (4 o 9 rate, in base al tipo di intervento) e le spese del 2021;
– ritrasmettere comunicazioni scartate dal 25 al 29 aprile 2022, per le rate residue delle spese del 2020 (4 o 9 rate) e le spese del 2021, a parità di codice fiscale del beneficiario (condominio o beneficiario dell’intervento sulla singola unità immobiliare) e anno della spesa.
I crediti emergenti dalle comunicazioni relative alle rate residue delle spese del 2020 (4 o 9 rate) e alle spese del 2021, correttamente ricevute dal 1° al 29 aprile 2022 e dal 9 al 13 maggio 2022 (per quest’ultimo periodo, solo se si tratta di comunicazioni sostitutive o ritrasmissione di scarti), saranno caricati entro il 17 maggio 2022 sulla Piattaforma accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, a beneficio dei fornitori e dei primi cessionari, applicando le disposizioni vigenti per le comunicazioni ricevute nel mese di aprile 2022.
I crediti emergenti dalle comunicazioni relative alle spese 2022, correttamente ricevute nel mese di aprile 2022, saranno caricati sulla stessa Piattaforma entro il 10 maggio 2022.

 

Esenzione d’imposta solo sugli atti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio

L’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa prevista per gli atti relativi a procedimenti di sciogliemto del matrimonio non si applica ai conviventi di fatto. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 04 maggio 2022, n. 244)

Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa (art. 19, legge 6 marzo 1987, n. 74).
Dal punto di vista oggettivo, questa esenzione si riferisce a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare i rapporti giuridici ed economici “relativi” al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso. Inoltre, l’esenzione in esame trova la sua ratio nell’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l’imposizione fiscale possa gravare sui coniugi rendendo ancora più difficile il superamento della crisi coniugale.
Ne consegue che al trasferimento della quota di metà dell’immobile adibito a residenza dei ” conviventi di fatto” a favore di uno dei due non può essere applicata l’esenzione in oggetto.

Istruzioni dal Fisco sulla nuova classificazione ATECO 2007

Dal 1° gennaio 2022 è in vigore la nuova classificazione Ateco 2007, recepita a livello amministrativo dal 1° aprile 2022 a decorrere del quale tutti gli operatori sono tenuti a utilizzare i nuovi codici attività negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’’amministrazione finanziaria. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione del 4 maggio 2022 n. 20, fornisce indicazione su come verificare il codice attività attualmente presente in Anagrafe tributaria e quando comunicare la variazione (Agenzia Entrate – risoluzione 04 maggio 2022, n. 20).

Le modifiche apportate alla classificazione Ateco 2007, realizzate in collaborazione con il Comitato Ateco, e successivamente approvate dalla Commissione europea, riguardano:
– l’eliminazione di codici Ateco e loro sostituzione con nuovi codici;
– l’istituzione di nuovi codici Ateco;
– la modifica descrizione/contenuto di codici Ateco esistenti.

Gli aggiornamenti interessano 11 sezioni della classificazione, sono introdotti 20 nuovi codici e aggiornate oltre 60 note di inclusione e di esclusione.
Le sezioni interessate dalla modifica sono le seguenti:
– Sezione A – Divisione 01;
– Sezione C – Classe 10.89 – Classe 16.23 – Classe 24.33 – Classe 27.40;
– Sezione F – Classe 43.21 – Classe 43.29;
– Sezione G – Classe 45.20 – Categoria 46.18.3 – Classe 46.90;
– Sezione I – Classe 55.20 – Classe 56.10;
– Sezione K – Classe 66.19;
– Sezione M – Classe 69.20 – Classe 71.20 – Classe 73.11 – Classe 74.90;
– Sezione N – Classe 77.39;
– Sezione R – Classe 90.01 – Classe 92.00 – Gruppo 93.2;
– Sezione S – Classe 96.01;
– Sezione T – Classe 97.00.

In tal senso, al fine di recepire la Tabella Ateco 2007 aggiornamento 2022, predisposta dall’ISTAT, l’Agenzia delle entrate ha adeguato le funzioni di acquisizione dei modelli anagrafici di seguito riportati.

Come verificare il codice attività attualmente presente in Anagrafe Tributaria

I contribuenti possono verificare i codici Ateco, prevalente e secondari, collegati alla propria posizione fiscale e registrati in Anagrafe Tributaria accedendo alla propria area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate utilizzando SPID, la Carta nazionale dei servizi (CNS) o la Carta d’identità elettronica (CIE). I professionisti, le imprese e le persone fisiche titolari di partita IVA possono accedere all’area riservata ancora con le credenziali Entratel/Fisconline rilasciate dall’Agenzia.
All’interno dell’area riservata occorrerà selezionare il servizio “Cassetto fiscale” e aprire la sezione “Dati anagrafici” per verificare il codice Ateco prevalente e la sezione “Altre attività” per verificare i codici Ateco delle eventuali attività secondarie.

Comunicazione del nuovo codice attività

I contribuenti sono tenuti a valutare, in base alla nuova Classificazione Ateco 2007 pubblicata dall’ISTAT, se il codice comunicato in precedenza sia stato oggetto di variazione.
Tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti ad utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate.
Inoltre, come già specificato in precedente documento di prassi, l’adozione della nuova Classificazione Ateco 2007 non comporta l’obbligo di presentare un’apposita dichiarazione di variazione dati ai sensi degli artt. 35, 35-ter, D.P.R. n. 633/1972.

Qualora il contribuente presenti una dichiarazione di variazione dati deve ricordarsi che:
– se è iscritto nel Registro delle Imprese, la dichiarazione dovrà essere effettuata con la Comunicazione Unica (ComUnica) messa a disposizione da Unioncamere;
– se non è iscritto al Registro delle Imprese, dovrà invece utilizzare uno dei modelli pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle entrate (AA7/10 per società, enti, associazioni, ecc.; AA9/12 per imprese individuali, lavoratori autonomi, artisti e professionisti, ecc.; AA5/6 per enti non commerciali, associazioni, ecc.).

Fisco: PIR e le novità introdotte dalla legge di Bilancio 2022

Fornite indicazioni sulla nuova disciplina dei Piani di risparmio a lungo termine (Pir), in seguito alle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2022. Tra i chiarimenti forniti, le novità in materia di innalzamento della soglia dei limiti di investimento nei PIR ordinari e chiarisce con esempi pratici di facile comprensione come comportarsi in caso di piani di risparmio attivati sotto la precedente disciplina (Agenzia delle entrate – Circolare 04 maggio 2022, n. 10/E).

I Pir sono una forma di investimento caratterizzata da un regime fiscale di favore, di cui possono beneficiare le persone fisiche residenti in Italia – con riguardo ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria percepiti al di fuori dell’attività di impresa – le Casse di previdenza e i Fondi pensione. I redditi generati da questi prodotti non sono tassati come redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria e non sono soggetti all’imposta di successione. Con questo strumento infatti il legislatore ha voluto favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso investimenti in imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate in Italia.
Legge di Bilancio 2017 ha introdotto un regime di non imponibilità per gli investimenti operati tramite Piani individuali di risparmio a lungo termine che rispettino determinati requisiti, a partire dall’obbligo di mantenere gli investimenti per almeno 5 anni. In base alle modifiche operate dalla legge di bilancio 2022, l’importo investito nel PIR ordinario non può superare il plafond complessivo di 200mila euro (la precedente soglia era di 150mila euro), con un limite di plafond annuo di 40mila euro (in questo caso la precedente soglia era di 30mila euro). Questi nuovi limiti di investimento si applicano agli investimenti effettuati nei PIR ordinari a decorrere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2022, ossia dal 1° gennaio 2022, a prescindere dalla data di costituzione del piano.
La circolare fornisce alcuni esempi pratici per chiarire meglio la portata delle modifiche normative. In caso di un PIR ordinario costituito nel 2017, per esempio, in cui ogni anno sia stato investito il limite annuale pro tempore vigente (euro 30.000), il contribuente potrà investire nel 2022 euro 40.000 e nel 2023 i restanti euro 10.000 per raggiungere il nuovo limite complessivo di 200mila euro. Nel caso invece di un PIR ordinario costituito nel 2020 nel quale sia stato investito ogni anno il limite annuale vigente fino al 31 dicembre 2021 (30mila euro), il contribuente potrà investire 40mila euro per ogni anno dal 2022 al 2024 e nel 2025 i restanti euro 20.000 (in modo da raggiungere il nuovo limite complessivo di 200mila euro).
In seguito all’entrata in vigore della legge di Bilancio 2022, è adesso possibile detenere, contemporaneamente ad un PIR ordinario, più di un PIR Alternativo. L’Agenzia per chiarisce che non è possibile cointestare un PIR Alternativo a più persone. In ogni caso, il fatto che una persona fisica possa detenere più di un PIR Alternativo non ha conseguenze sull’ammontare di risorse che possono essere investite in questo tipo di piano di investimento. Restano confermati, quindi, i limiti di investimento dei PIR Alternativi che adesso valgono complessivamente. A prescindere dal numero di Pir Alternativi detenuti, infatti, il plafond complessivo massimo è di 1.500.000 euro, con un limite per ciascun anno solare di 300mila euro.
Secondo le vecchie regole, per i PIR Alternativi costituiti dal 1° gennaio 2021 i contribuenti potevano fruire di un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati, derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, a condizione che gli investimenti siano detenuti per almeno cinque anni e il credito d’imposta non ecceda il 20 per cento delle somme investite negli strumenti. La legge di bilancio 2022 ha previsto nuove regole per il credito d’imposta legato agli investimenti qualificati effettuati nel 2022, rimodulando sia l’ammontare del credito sia il termine entro cui detto credito può essere utilizzato. In base alle modifiche normative, infatti, il credito d’imposta previsto in relazione agli investimenti qualificati effettuati nel 2022 è pari al 10 per cento dell’ammontare degli investimenti in strumenti finanziari qualificati risultanti alla data di realizzo della minusvalenza. Il credito va utilizzato in quindici anni, in quote di pari importo. Sulla base delle modifiche normative, ai fini della determinazione dell’ammontare massimo di credito d’imposta spettante, andranno prese in considerazione sia le somme investite negli strumenti finanziari qualificati nel corso del 2021, sia le somme investite negli anni successivi risultanti alla data di realizzo della minusvalenza.